Il lupo torna a far parlare di sé. Al centro delle cronache di aree protette italiane, di progetti europei, di testimonianze, di appelli, ma anche vittima di uccisioni e di episodi di bracconaggio il lupo rientra in scena. Il progetto Wolfnet e 5 proposte del Wwf indicano la strada per la giusta convivenza tra la specie protetta e l’uomo.
A lanciare uno degli ultimi appelli per proteggere questa specie protetta è il Wwf che, a seguito di continui e spiacevoli episodi di uccisioni di lupi e dell’ostentazione in pubblico delle loro carcasse, soprattutto nell’area della Maremma toscana, esprime una forte condanna nei confronti del bracconaggio incontrollato e raccomanda 5 mosse per favorire la convivenza tra il lupo, le attività agrosilvopastorali e il turismo.
Contemporaneamente, nel Parco della Majella, in Abruzzo, si tirano le somme del progetto Life Wolfnet, il primo tentativo di conservazione e gestione coordinata del lupo appenninico. Il progetto, avviato nel 2010 e cofinanziato dalla Commissione europea, ha coinvolto 6 partner su 5 regioni.
Iniziative queste che si inseriscono in un quadro che vede in continua crescita la popolazione dei lupi, passati da un numero di meno di 100, negli anni ’70, agli oltre 1000 esemplari attuali. Solo nel Parco Nazionale della Majella, oggi, sono presenti 9-10 branchi per un numero complessivo di 80 individui. Una cifra che, in proporzione al territorio, è ben superiore, per esempio, a quella del famoso Parco americano di Yellowstone e che offre un modello di gestione della presenza del lupo compatibile con le attività dell’uomo.
Tutto questo grazie a un modello di conservazione particolarmente avanzato adottato nel nostro paese e che può essere ritenuto un vero caso di eccellenza della ricerca. Fra le azioni più innovative c’è l’istituzione di un corpo paragonabile ai “RIS” costituito da veterinari, biologi e forestali, in grado di effettuare analisi avanzate sui casi di morte dei lupi e sulle predazioni alle greggi. Accertare le cause di decesso o capire se una pecora è stata predata da un lupo o da un cane randagio si è rivelato determinante per le strategie di conservazione e di convivenza fra lupi e attività umane.
Tanto per fare alcuni esempi e rimanendo nel Parco della Majella, i danni recati dal carnivoro al bestiame domestico sono tra i più bassi mai registrati, le misure di prevenzione e mitigazione tra le più innovative nel contesto europeo e, ultimamente, grazie proprio al Progetto Life Wolfnet, anche gli studi condotti sui branchi di lupo risultano essere tra i più dettagliati e approfonditi nel contesto internazionale.
Insomma, i risultati sul fronte della conservazione, della valorizzazione e della corretta convivenza tra questo animale e l’uomo ci sono e sono notevoli, (basti pensare che, nel parco abruzzese, negli ultimi 3 anni sono state restituite oltre 150 pecore predate dal lupo). D’altro canto però rimangono ben salde, in alcune aree, sacche di ostilità nei confronti della specie protetta che ancora subisce numerosi attentati e ritorsioni, tutti al di fuori della legalità.
“E’ dagli anni ’70 che non assistevamo a un accanimento tanto grave su una specie simbolo – ha dichiarato Dante Caserta, Presidente del Wwf Italia – Questi ripetuti atti di bracconaggio sono da condannare sotto qualsiasi aspetto e nessuna situazione, per quanto difficile, può motivarli né giustificarli. Dopo aver vissuto per decenni sull’orlo dell’estinzione, il lupo è tornato a popolare montagne e vallate grazie agli sforzi di associazioni, istituzioni e mondo della ricerca. Sebbene questo possa comportare talvolta un’interazione problematica con alcune attività umane, non vuol dire che la convivenza tra uomo e lupo non sia possibile, come dimostrano i dati e i tanti progetti già realizzati”.
Proprio a conferma di questo, Antonio Nicoletti, responsabile Aree protette di Legambiente, uno dei partner di Life Wolfnet, dichiara che “gli esiti del progetto forniranno un contributo all’aggiornamento del piano d’azione nazionale sul lupo. Il network istituzionale che si è costituito in questi anni si trasformerà in un network permanente per la condivisione di azioni, metodologie, conoscenze e attività per la tutela del lupo sull’Appennino”.
Secondo il Wwf, in questo momento “è indispensabile programmare un utilizzo mirato delle risorse che l’Unione Europea mette a disposizione delle Regioni attraverso la definizione dei programmi di sviluppo rurale della nuova PAC 2014 – 2020 e inserire il problema dei danni da fauna selvatica nel programma di gestione dei rischi in agricoltura”. Per farlo, però, ci vuole la collaborazione di tutti, a partire dalle istituzioni, per favorire un vero supporto all’allevamento serio e legale. Dallo stesso Wwf arrivano anche suggerimenti di azioni concrete: 5 mosse che, se avviate seriamente, possono offrire le giuste risposte e soluzioni, dimostrando che la convivenza del lupo con la zootecnia è possibile e vantaggiosa per tutti: incentivare le attività per la prevenzione del danno, con la promozione e l’adozione da parte degli allevamenti di strumenti anti predazione efficienti e sperimentati; promuovere una politica degli indennizzi sicuri e tempestivi, che faciliti le procedure amministrative e dia certezza del diritto; sviluppare in modo coordinato il monitoraggio e la registrazione puntuale dei danni al patrimonio zootecnico così da consentire in tempo reale la promozione di interventi concreti per mitigare il danno; dare piena applicazione alle norme sul randagismo, favorendo il monitoraggio per ridurre drasticamente il fenomeno dei cani randagi; infine, intervenire per cercare di rimuovere gli ibridi selvatici lupo-cane che possono costituire una minaccia per il patrimonio zootecnico e per la stessa conservazione della specie lupo.
Non solo dal Wwf, ma anche dai risultati di Wolfnet sono in arrivo indicazioni concrete: “Stiamo lavorando – dice ancora Nicoletti – all’approvazione di un documento finale di progetto che conterrà le linee guida per la gestione del lupo nei prossimi anni e che consegneremo al ministero dell’Ambiente come contributo al prossimo Piano d’Azione Nazionale”. Insomma, volendo, una politica nazionale che tuteli il lupo e favorisca allo stesso tempo il corretto allevamento è possibile. Bisogna solo volere fortemente e in modo unitario la sua applicazione.