Bucce di patate e fondi di caffè che si trasformano in carburante. Sono passati circa 30 anni dal film “Ritorno al Futuro 2”, dove la macchina utilizzata per viaggiare nel tempo era alimentata con gli scarti alimentari e adesso quell’ipotesi così fantascientifica sembra quasi trasformarsi in realtà.
La raccolta dell’organico in Italia è decollata negli ultimi anni, toccando quota 55%. Se si riuscisse, infatti, ad aumentare il circuito virtuoso della raccolta dell’umido fino a spingerlo da qui al 2020 al 72,5%, con gli scarti della cucina si potrebbero far andare a biometano le nostre auto. Lo dice l’Annual Report WAS-Waste Strategy 2015 “Trasformazione dell’industria italiana del waste management” elaborato dalla società Althesys e presentato a Roma durante l’iniziativa “Meno rifiuti, più idee”.
Oggi si raccolgono in maniera differenziata circa 5,7 milioni di tonnellate di rifiuti organici. L’80% circa, 4,4 milioni di tonnellate, viene trasformato in compost, mentre alla produzione di biogas va meno di un decimo dell’organico intercettato, 450 mila tonnellate. Ma per raggiungere gli obiettivi di raccolta differenziata dei rifiuti urbani occorre aumentare la quota di frazione organica sottratta allo smaltimento: se si arrivasse a raccogliere il 72,5% dei rifiuti bio prodotti dalle famiglie italiane, da qui al 2020 potrebbe svilupparsi una vera e propria filiera di produzione del biometano. Uno scenario con importanti ricadute occupazionali ed economiche nonché un sostegno alla diminuzione della dipendenza dalle fonti fossili. Il rapporto WAS indica infatti benefici valutabili, a livello economico, in oltre 1,3 miliardi di euro.
Insomma, l’organico, ultimo arrivato tra i materiali selezionati e recuperati supera di parecchi punti la media di raccolta nelle nostre città. La differenziata, infatti, è ferma al 45,2% (20 punti percentuali sotto l’obiettivo di legge) con delle notevoli differenze tra le diverse regioni. Un’Italia a macchia di leopardo, come ha raccontato anche Stefano Laporta direttore dell’Ispra, indicando ai primi posti il Veneto (con il 67,6%) e agli ultimi la Sicilia(12,5%) ma segnalando alcuni casi di provincie del centro sud virtuose, come ad esempio, Macerata e Benevento, che si piazzano ai primi posti della classifica.
Quello che emerge è una sempre più diffusa e trasversale consapevolezza e sensibilità da parte dei cittadini, soprattutto giovani, che però sembra non andare di pari passo con la capacità di gestire i rifiuti. La vera sorpresa, però, sono i rifiuti prodotti dalle aziende: la gestione dei cosiddetti speciali (una quantità circa quattro volte e mezzo quella degli urbani, 30 milioni contro 130 milioni di tonnellate nel 2014), che pare funzionare meglio di quanto non si creda.
Tra il 2008 e il 2013 il settore dei rifiuti speciali ha visto un incremento del recupero di materia di oltre il 10%: dal 61,3% al 71,9%. Minore, rispetto agli urbani, il ricorso alla discarica e alle altre forme di smaltimento (25,5%), mentre è residuale il ruolo dell’incenerimento (2,6%). Insomma il grande mare dei rifiuti speciali si sta spostando verso l’economia circolare. E rappresenta un contributo importante all’economia e all’occupazione con una miriade di piccole e medie imprese. Un comparto con un fatturato di oltre 14 miliardi di euro e oltre 1.300 aziende nel solo segmento del trattamento dei rifiuti. “Ma – avverte Alessandro Marangoni, AD di Althesys presentando il Rapporto – su questo si registra un ritardo di norme e politiche: l’Unione Europea ripresenterà la direttiva sull’economia circolare solo alla fine del 2015, dopo un ripensamento durato un anno. Mentre a livello italiano, il quadro normativo rimane troppo complesso e frammentato”.
Per dare organicità alla regolazione del settore è arrivato il momento di istituire un’Autorità indipendente anche per i rifiuti. “Esattamente come avvenuto in altri comparti dei servizi pubblici locali – sottolinea Marangoni – l’istituzione di un regolatore indipendente può fornire la stabilità e la certezza delle regole di cui gli operatori necessitano, rilanciando gli investimenti e favorendo così l’industrializzazione del settore”. L’Autorità, dovrebbe inoltre tutelare i cittadini dai disservizi delle aziende e delle amministrazioni pubbliche: laddove la raccolta differenziata non si fa, ad esempio, gli utenti dovrebbero pagare di meno. E invece, in Italia, succede l’esatto contrario”.
fonte: la stampa.it