La difficile intesa sugli obiettivi del pacchetto clima ed energia in vista del Conferenza ONU di Parigi sul Clima nel 2015 è stata finalmente raggunta.
Il raggiungimento di un accordo sulle misure strategiche del pacchetto europeo sul clima e l’energia per il periodo 2020-2030 è stato annunciato da un twit del presidente del Consiglio Europeo Van Rompuyalla fine di un difficile dibattito che si è tenuto al Summit dei Capi di Stato e di Governo dei 28 Stati Membri dell’Unione Europea.
Le “buone notizie per il clima, per la salute dei cittadini, per i lavori sostenibili e per i colloqui in vista di Parigi 2015”, rappresentano una soluzione di compromesso tra le istanze dei paesi europei più industrializzati verso una maggiore attenzione alle conseguenze sul clima e quelle dei paesi dell’est Europa, preoccupati delle conseguenze economiche di misure troppo stringenti di riduzione delle emissioni, efficienza energetica e fonti rinnovabili.
Da sola l’Europa genera l’11% delle emissioni climalteranti mondiali e la soluzione adottata le permette di sedersi al tavolo della Conferenza sul Clima di Parigi del prossimo anno con i paesi emergenti rappresentando un esempio da seguire per il raggiungimento di un maggiore impegno globale per la riduzione delle emissioni. Anche se per principale istanze ambientaliste la soluzione trovata non è sufficiente.
L’accordo sul clima comporta innanzitutto l’obiettivo, considerato ambizioso dalle istituzioni europee in considerazione del contesto di grave crisi economica in atto, di una riduzione, vincolante per gli Stati Membri, delle emissioni di gas “effetto serra” (greenhouse gas) di almeno il 40%, rispetto ai valori del 1990, entro il 2030, così raddoppiando gli sforzi dell’Unione Europea rispetto all’obiettivo di riduzione del 20% fissato al 2020. Ad avviso della Commissione Europea, tale limite complessivo, differenziato in base a obiettivi su base nazionale, oltre a essere un’importate sforzo per il contenimento dei cambiamenti climatici, rafforza il percorso del continente europeo verso lo sviluppo di una società e di una economia cosiddetta “low carbon”, aumentando l’indipendenza dalle fonti fossili, in un contesto di incertezza e insicurezza dei relativi mercati, e migliorando quindi le performance in termini di ricerca, innovazione, sviluppo ed efficienza energetica.
Il secondo aspetto del pacchetto di misure prevede, sempre entro il termine del 2030, l’impegno, anch’esso vincolante a livello UE, di incrementare la percentuale di produzione di energia da fonti rinnovabili fino al 27% di quella globalmente prodotta, seppure senza l’indicazione di precisi limiti e obiettivi a livello di singoli Stati Membri.
Parallelamente, ancora senza la fissazione di limiti vincolanti a livello nazionale, viene fissato l’obiettivo indicativo dell’incremento globale dell’efficienza negli usi energetici, entro il 2030, di almeno il 27%, misura ancora di compromesso tra i paesi più virtuosi del Nord Europa, che auspicavano un target di almeno il 30%, e quelli dell’Est, ancora in ritardo tecnologico. Per rendere più equilibrato il raggiungimento degli obiettivi, sono stati previsti meccanismi di compensazione e sostegno proprio per garantire ai paesi in ritardo, in particolare alla recalcitrante Polonia, di adeguarsi ai livelli tecnologici e infrastrutturali energetici degli altri Stati Membri. Inoltre, per facilitare l’accordo, il Consiglio Europeo ha stabilito altresì una clausola di revisione che consenta di rivedere gli obiettivi dopo i vertici ONU sul Clima del 2015, laddove, in tale sede, non venga raggiunto un altrettanto ambizioso impegno di riduzione delle emissioni a livello globale. Sul punto, il Presidente Van Rompuy, ha comunque rassicurato circa l’irreversibilità degli obiettivi fissati nell’accordo.
Infine, ancora a seguito della non facile ricerca di un compromesso, nell’ottica del miglioramento complessivo dell’efficienza energetica a livello continentale e di una maggiore indipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, in particolare per l’incertezza sulle importazioni di gas a causa della crisi Ucraina, si è deciso di fissare l’obiettivo di incrementare fino al 15% entro il 2030 il coefficiente di interconnettività tra le infrastrutture dell’energia elettrica, cioè la quota scambiata fra i mercati elettrici nazionali attraverso le interconnessioni alle frontiere, in particolare sotto la spinta di Spagna e Portogallo, che scontano un coefficiente oggi di poco superiore al 2%, anche attraverso il sostegno finanziario dei progetti di implementazione delle reti e infrastrutture dei paesi più in ritardo.
Fonte: Sole 24 Ore