Legambiente, che di recente, ha fatto il punto sullo stato dell’arte dei gas refrigeranti in Italia in un convegno, chiede al ministro Andrea Orlando e al vicepresidente della Commissione europea Antonio Tajani di spingere per un’Europa senza gas climalteranti a partire da quelli usati per la catena del freddo, mettendo al bando i gas sintetici HFC in ogni settore dove siano presenti le alternative naturali o comunque meno climalteranti e applicare anche in questo settore il principio “chi inquina paga”, come già avviene in altri Paesi.
Come emerge dal dossier di Legambiente i quantitativi di gas fluorurati all’interno dei circuiti, nelle apparecchiature o nelle schiume isolanti in cui sono stati utilizzati sono elevati. In Italia, nel 2012 le stime indicano che sono stati immessi sul mercato circa 10.600 tonnellate di gas refrigeranti e che lo stock ammonti a circa 100mila tonnellate. Un quantitativo di gas con un potenziale effetto serra di 250 milioni di tonnellate equivalenti, il 50% circa del totale delle emissioni di gas serra annuali a livello nazionale. Mentre la maggior parte dei settori industriali riduce il proprio contributo di gas serra, le emissioni dei gas refrigeranti seguono pericolosamente il trend opposto e sono in costante aumento. in Italia l’incremento, per quanto riguarda gli HFC, negli ultimi dieci anni, rispetto a una diminuzione generale delle emissioni di gas serra del 9%, è addirittura del 341%.
E il nostro Paese, nonostante alcune buone esperienze sul fronte dei RAEE (rifiuti elettrici ed elettronici), si colloca ancora agli ultimi posti nella graduatoria europea dei paesi virtuosi nel recupero dei refrigeranti, come dimostra il confronto tra dieci Paesi europei (Inghilterra, Germania, Norvegia, Francia, Olanda, repubblica Ceca, Scozia, Italia, Portogallo, Irlanda). In Italia nel 2010 sono state raccolte 265 tonnellate di CFC, HCFC e HFC da rifiuto, 25 in più rispetto al 2009 ma ancora molto poche rispetto ad altri Paesi europei. Mentre nel nostro Paese infatti in media si raccolgono 4 grammi/abitante, in Germania e in Inghilterra se ne raccolgono 6 volte tanto arrivando a 23 grammi/abitante. Un fatto grave, anche perché per ragioni climatiche il nostro Paese è tra i maggiori utilizzatori di gas refrigeranti.
Già oggi in frigoriferi domestici e dei supermercati, condizionatori, pompe di calore, celle frigo di porti e magazzini, i gas naturali sono un’alternativa praticata con soddisfazione dagli operatori di mercato. Il nostro Paese è leader europeo per il comparto del freddo, esporta tecnologie e supporto a livello internazionale e sono molte le aziende italiane che già oggi hanno investito con successo sui nuovi refrigeranti naturali.
Anche per sviluppare questa economia è necessario che il nuovo regolamento europeo preveda che alla progressiva diminuzione sul mercato dei gas HFC si affianchi la messa al bando di questi gas in tutti i settori maturi, per lasciare spazio alle alternative meno impattanti e fare in modo che i gas inquinanti rimangano a disposizione solo di quelle applicazioni critiche dove non esistono, al momento, sostituti più sostenibili. È necessario, inoltre, nelle more della messa al bando rafforzare il principio fondante dell’UE “chi inquina paga” anche in questo settore: come già avviene in molti paesi europei, serve un’ecotassa a carico di chi introduce nel mercato gas HFC, che presentano un prezzo altissimo all’ambiente ma anche un costo rilevante di gestione e smaltimento per il privato e la collettività. Questa tassa, oltre a rappresentare un ottimo esempio di leva fiscale green, potrebbe portare, secondo le stime, nelle casse dello Stato italiano almeno 158 milioni di euro all’anno. Soldi che si potrebbero usare come ecobonus per favorire gli acquisti verdi di aziende e cittadini: frigoriferi, condizionatori e pompe di calore a base di gas senza impatti sul clima.
Fonte: LASTAMPA.it